Immagine di un geyser in Islanda

martedì 12 aprile 2011

Letteratura

Nella Divina Commedia, nel XXXIII canto dell'Inferno, Dante Alighieri (1265-1321) ai versi 98-105 scrive:

E avvegna che, sì come d'un callo,
per la freddura ciascun sentimento
cessato avesse del mio viso stallo,     
già mi parea sentire alquanto vento;
per ch'io:"Maestro mio, questo chi move?
non è qua giù ogne vapore spento?". 

 Parafrasi:
E sebbene, come accade per una parte callosa,
a causa del freddo ogni sensibilità avesse abbandonato
di far dimora sul mio viso,
ormai mi sembrava di avvertire del vento;
per cui domandai:"Maestro mio, chi lo produce?
Non è estinto ogni vento quaggiù?".


Ma qual è il significato di questi versi, in cui Dante chiede una spiegazione a Virgilio per la presenza di un vento nell'Inferno?













Nella scienza medievale si pensava che il vento nascesse dall'umidità della terra che, riscaldata dal calore del sole, emetteva dei vapori. Poichè nell'Inferno il sole non c'è (secondo la concezione dantesca del mondo, nell'opera della Divina Commedia), il vento non dovrebbe esistere; da qui nasce lo stupore di Dante, che si rivolge a Virgilio.



Altri riferimenti letterari sono reperibili ai seguenti link:

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